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Siamo lieti di presentarvi il Blog ufficiale dell' associazione Mary Astell ,dove condivideremo con voi le idee, i pensieri e l'organizzazione di eventi per rendere migliore la nostra città...Proviamoci insieme!

martedì 29 gennaio 2013

Gli uomini...di casa...

Vorrei affrontare l’argomento del complesso rapporto degli uomini con la cura e gestione della casa. Ci si potrebbe chiedere che cosa dovrebbe esserci di complicato in qualcosa che per noi donne è normalmente intrinseco nella nostra esistenza, ma sulla base della mia esperienza personale posso affermare che per la maggior parte degli uomini si tratta di un argomento ostico che sfocia dal puro menefreghismo a comportamenti bizzarri o addirittura maniacali. 
In relazione al loro rapporto con le faccende domestiche, dividerei gli uomini in tre categorie, in ognuna delle quali ogni donna può facilmente ritrovare il proprio padre, figlio, compagno o marito.
 1) IL MENEFREGHISTA. Gli uomini appartenenti a questa categoria sono caratterizzati da una totale non curanza della casa e, di conseguenza, dalla mancanza di rispetto nei riguardi di chi se ne occupa per loro. Esempi comuni del loro comportamento sono vestiti sparsi ovunque, il bagno impraticabile dopo il loro passaggio, stoviglie abbandonate sul lavandino e comunque un generale stato di disordine e incuria. Ma ciò che li contraddistingue è soprattutto quello sguardo che sottintende: “che cosa vuoi da me, lavoro tutto il giorno non mi stressare!” 
 2) IL FINTO INCAPACE. Appartengono a questa categoria quegli uomini disposti a collaborare ma solo se gli viene esplicitamente richiesto. A quel punto necessitano di una spiegazione dettagliata di tutto ciò che devono fare, per la serie …“facevo prima a farlo da sola!” 
Spesso sono ordinati ma se gli chiedi di rifare il letto ti rispondono: “ma a che serve se poi ci devo dormire di nuovo”.
 Si tratta di uomini intelligenti con spiccate capacità nell’ uso di qualunque strumento tecnologico di nuova generazione ma che di fronte ad una lavatrice o lavastoviglie si dichiarano del tutto impreparati demandando l’arduo compito ad altri.
 3) IL PERFETTINO. In questa categoria si possono individuare tre sottogruppi.
 Gli uomini che non svolgono alcuna attività in casa perché la ritengono un compito esclusivo della donna, ma che sono pronti a criticare su tutto, dalla stiratura delle camicie alla polvere sui mobili. 
Gli uomini che, al contrario, fanno qualunque cosa e che “interferiscono” in modo eccessivo nella gestione della casa mettendo bocca su tutto.
 Ed infine i maniaci dell’ordine e della perfezione che considerano la casa un mausoleo inviolabile; conosco personalmente uomini che vorrebbero che amici e parenti indossassero le pattine per non rovinare il parquet della casa, o che tengono sempre in tasca una gomma per cancellare ogni piccolo segno sui muri appena imbiancati. Uno stress per mogli e figli! 
Dopo questo quadro a di poco desolante una domanda nasce spontanea. 
Ma le donne cosa chiedono ai loro uomini? Io direi veramente poco. Non desiderano sicuramente un totale menefreghista ma neanche una colf a tempo pieno, ma semplicemente una collaborazione, un aiuto, senza strafare. 
 Cari uomini, ricordatevi che per la donna, che sia casalinga o lavoratrice, il lavoro in casa non finisce mai, anche quando si ha la possibilità di una collaboratrice domestica. Per questo tipo di lavoro necessario alla normale sopravvivenza e a cui si può aggiungere le cura e gestione dei figli, non ci sono domeniche, ferie o riposi settimanali, e se anche fosse vero che la donna ha una predisposizione naturale nessuno ce lo ha assegnato come compito di esclusiva competenza. Pertanto, quando la sera rientrando a casa, buttandovi subito sul divano, vi lamentate di trovare una donna stanca e stressata invece di sexy e pimpante, riflettete sul fatto che potreste darle un vero e gradito sostegno rivolgendole una semplice frase: “cara, ti vedo stanca… riposati, oggi ci penso io!”. 
Dedicato al mio caro amico S.C. 


Carla Bramanti

domenica 27 gennaio 2013

La vita è Bella!

"Giosuè: Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo? 
Guido: Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa quello che gli pare Giosuè, eh. Là c’è un negozio, là, c’è un ferramenta no, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e i cavalli eh, eh… e coso là, c’è un farmacista no: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico “Si può entrare?”, dice “No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo”. Eh, gli sono antipatici oh, che ti devo dire oh?!
Giosuè: Ma noi in libreria facciamo entrare tutti. 
Guido: No, da domani ce lo scriviamo anche noi, guarda! Chi ti è antipatico a te?
 Giosuè: I ragni. E a te? 
Guido: A me… i visigoti! E da domani ce lo scriviamo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti”. Oh! E mi hanno rotto le scatole ’sti visigoti, basta eh!"

Era il 1997 quando Benigni ci presentava il film più bello e toccante che la sua mente prodigio poteva partorire "La vita è bella"
Benigni dichiarò: «Questo film, che si chiama La vita è bella, mi è venuto fuori, ma con emozione, tanto che mi ha fatto tremare tutte le costole del costato, ma anche a girarlo, ma bello, bello, è un film che l'ho fatto in meno di una notte». Durante le riprese, Benigni ebbe comunque qualche esitazione: «La gente mi diceva di fare attenzione perché era una idea molto estrema, temevo di offendere la sensibilità dei sopravvissuti. Lo so che tragedia sia stata, e sono orgoglioso di aver dato il mio contributo, sull'Olocausto e sulla memoria di questo terrificante periodo della nostra storia. Io non sono ebreo, ma la storia appartiene a tutti».

E l'associazione Mary Astell la pensa come lui. La storia appartiene a tutti, ed è nostro dovere farla conoscere ai nostri posteri. Noi siamo la storia di oggi loro la storia del futuro,per questo  dobbiamo formare le loro coscienze, è un nostro dovere che assolviamo nel nostro piccolo, oggi nel giorno della Memoria. 
Ogni forma di razzismo porta alla distruzione dell'animo umano. Noi non ci stiamo!


Raffaella Ferreri.

martedì 22 gennaio 2013

La Chiesa di S.Giuseppe a Siracusa

Si trova al centro della piazza omonima tra i due più grandi ed importanti complessi religiosi di Ortigia: S. Domenico e Aracoeli. La prima chiesa, sempre dedicata a S. Giuseppe, fu edificata nel 1550 dai Maestri d’ascia e dai bottari nel sito dove sorgeva la vecchia chiesa di S. Fantino di rito greco. Quando nel 1554 giunsero a Siracusa i Gesuiti, il vescovo Bologna affidò loro la chiesa dove restarono fin quando nel 1635 fu posta la prima pietra della loro Chiesa del Collegio. La confraternita di S. Giuseppe, corporazione dei falegnami, ottenne nel 1752 la licenza di restaurare la chiesa semi abbandonata e affidò il compito della costruzione a Carmelo Bonaiuto, tecnico e architetto di fiducia e forse anche autore del progetto. I lavori furono ultimati nel 1773 e il risultato fu un "Magnifico tempio dedicato al Patriarca S. Giuseppe". La chiesa sorge su di un alto podio rettangolare, preceduto su tre lati da scalinate. Le pareti esterne sono caratterizzate da due ordini di paraste sovrapposte. Nell'ordine inferiore le cornici dei portali modellano delicatamente le pareti; compito svolto nell'ordine superiore dai finestroni e dalle nicchie. Le sculture naturalmente, si richiamano al gusto barocco e rococò del tempo. La struttura interna è a pianta ottagonale con profonda abside semicircolare in cui trova spazio l'altare maggiore. La chiesa è a navata unica con nicchie laterali che si alternano a vani d'ingresso. Anche le pareti sono adornate da stucchi barocchi. In alto sulla fascia superiore, si imposta una pseudo volta che si eleva sopra la cornice e nella quale si aprono i finestroni. Nel pavimento sottostante l'ingresso anteriore si ricavò un locale sotterraneo (ipogeo) con volta semi circolare con destinazione funeraria. Nel 1877 fu proposta la distruzione della chiesa, che per fortuna non ebbe luogo.

Carolina Stroscio

giovedì 10 gennaio 2013

Lo SaPeVaTe ChE?


Inauguriamo una nuova rubrica dove raccoglieremo tutte le curiosità più strane e particolari che non abbiate mai sentito raccontare.
Iniziamo:
 Lo sapevate che se una statua rappresenta una persona su un cavallo che ha entrambe le zampe anteriori sollevate, significa che la persona in questione è morta in guerra. Se il cavallo ha solo una zampa anteriore sollevata, la persona è morta a seguito di una ferita riportata in guerra. Se il cavallo ha tutte le quattro zampe a terra, la persona è morta per cause naturali.
(Garibaldi è morto a Caprera il 2 giugno 1882 per una paralisi alla faringe)
E sempre restando in ambito artistico: lo sapevate che le punte della corona della Statua della libertà sono sette e rappresentano i sette mari della terra?









Alla prossima con lo Lo SaPeVaTe ChE?



Mariapia Randazzo.

sabato 5 gennaio 2013

RICCIDORO

C'erano una volta tre Orsi, che vivevano in una casina nel bosco. C'era Babbo Orso grosso grosso, con una voce grossa grossa; c'era Mamma Orsa grossa la metà, con una voce grossa la metà; e c'era un Orsetto piccolo piccolo con una voce piccola piccola.
 Una mattina i tre Orsi facevano colazione e Mamma Orsa disse: - La pappa e troppo calda, ora. Andiamo a fare una passeggiata nel bosco, mentre la pappa diventa fredda. Cosi i tre Orsi andarono a fare una passeggiata nel bosco. Mentre erano via, arrivò una piccola bimba chiamata Riccidoro. 
Quando vide la casetta nel bosco, si domandò chi mai potesse vivere là dentro, e picchiò alla porta. Nessuno rispose, e la bimba picchiò ancora. Nessuno rispose: Riccidoro allora aprì la porta ed entrò. E là, nella piccola stanza, vide una tavola apparecchiata per tre. C'era una scodella grossa grossa, una scodella grossa la metà e una scodella piccola piccola.
 Riccidoro assaggiò la pappa della scodella grossa grossa: - Oh! E' troppo calda! disse. Assaggiò la pappa della scodella grossa la metà: - Oh! E' troppo fredda!
 Poi assaggiò la pappa della scodella piccola piccola: - Oh ! Questa sì che va bene ! - E se la mangiò tutta. 
Poi entrò in un'altra stanza, e là vide tre seggiole. C'era una seggiola grossa grossa, c'era una seggiola grossa la metà e c'era una seggiola piccola piccola.
 Riccidoro si sedette sulla seggiola grossa grossa: - Oh! Questa è troppo dura! - disse. 
Si sedette sulla seggiola grossa la metà: - Oh! Questa è troppo molle! 
Poi si sedette sulla seggiola piccola piccola: - Oh! Questa sì che va bene! E vi si sedette con tanta forza, che la ruppe.
 Entrò allora in un'altra stanza e là vide tre letti. C'era un letto grosso grosso, c'era un letto grosso la metà, e c'era un letto piccolo piccolo.
 Riccidoro si stese sul letto grosso grosso: Oh! Questo e troppo duro! disse. 
 Provo il letto grosso la metà: - Oh! Questo e troppo molle!
  lnfine provò il letto piccolo piccolo: Oh! Questo si che va bene! sospirò, e subito prese sonno. Mentre Riccidoro dormiva i tre Orsi tornarono dalla passeggiata nel bosco.
 Guardarono la tavola, e Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa:
 - QUALCUNO HA ASSAGGIATO LA MIA PAPPA . 
 Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: Qualcuno ha assaggiato la mia pappa ! L'Orsetto piccolo piccolo disse con la sua voce piccola piccola: - Qualcuno ha assaggiato la mia pappa e se l'e mangiata tutta!-
 I tre Orsi entrarono nella camera accanto. Babbo Orso grosso grosso guardò la sua seggiola e disse con la sua voce grossa grossa: - QUALCUNO Sl E' SEDUTO SULLA MIA SEGGIOLA ! Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: - Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola !
 E l'Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola: - Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola e l'ha rotta! I tre Orsi entrarono infine nella camera da letto. 
 Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa: - QUALCUNO Sl E' STESO SUL MIO LETTO .
Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: - Qualcuno si è steso sul mio letto ! 
 E l'Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola: - Qualcuno si è steso sul mio letto, ed eccola qui! 
 La voce acuta dell'Orsetto piccolo piccolo svegliò Riccidoro, e voi potete ben immaginare come si spaventò nel vedere i tre Orsi che la guardavano. Balzò giù dal letto, attraversò la stanza di corsa, saltò fuori dalla finestrella bassa, e fuggì via nel bosco tanto in fretta come mai le sue gambe l'avevano fatta correre.Dopo un pò, però, si accorse che gli Orsi non erano stati feroci con lei, così decise di ritornare indietro e chiedere scusa alla Famiglia Orso per le disfatte da lei fatte. Davanti all'uscio bussò alla porta, aprì l'Orsetto piccolo piccolo e la fece entrare. Mamma Orsa grossa la metà fece accomodare Riccidoro a tavola e le offrì un dolce. Riccidoro chiese scusa e passò una meravigliosa giornata.


Fine

mercoledì 2 gennaio 2013

Le stelle d'oro

Era rimasta sola al mondo. 
L'avevano messa sopra una strada dicendole: “ Raccomandati al cielo, povera bimba!"
E lei, la piccola orfana, s'era raccomandata al cielo! Aveva giunte le manine, volto gli occhi su, su in alto, e piangendo aveva esclamato: “ Stelle d'oro, aiutatemi voi!"
E girava il mondo così, stendendo la manina alla pietà di quelli che erano meno infelici di lei. L'aiutavano tutti, è vero, ma era una povera vita, la sua: una vita randagia, senza affetti e senza conforti. Un giorno incontrò un povero vecchio cadente; l'orfanella mangiava avidamente un pezzo di pane che una brava donna le aveva appena dato.
 “ Ho fame “ sospirò il vecchio fissando con desiderio infinito il pezzo di pane nelle mani della bimba; 
“ ho tanta fame!"
 “ Eccovi, nonno, il mio pane, mangiate."
 “ Ma, e tu?"
 “ Ne cercherò dell'altro."
 Il vecchio allora la benedisse: “ Oh, se le stelle piovessero su te che hai un cuore così generoso!"
 Un altro giorno la poverina se ne andava dalla città ala campagna vicina. trovò per via una fanciulla che batteva i denti dal freddo; non aveva da ricoprirsi che la pura camicia.
 “ Hai freddo? “ le domandò l'orfanella.
 “ Sì, “ rispose l'altra “ ma non ho neppure un vestito. 
“ Eccoti il mio: io non lo soffro il freddo, e se anche lo sento, mi rende un po' meno pigra."
 “ Tu sei una stella caduta da lassù; oh se potessi, vorrei... vorrei che tutte le altre stelle ti cadessero in grembo come pioggia d'oro. E si divisero."
 L'orfanella abbandonata continuò la strada che la conduceva in campagna, presso una capanna dove pensava di riposare la notte, e l'altra corse via felice dell'abitino che la riparava così bene. La notte cadeva adagio adagio e le stelle del firmamento si accendevano una dopo l'altra come punti d'oro luminosi. L'orfanella le guardava e sorrideva al ricordo dell'augurio del vecchio e di quello uguale della bimba cui aveva regalato generosamente il suo vestito. Aveva freddo anche lei, ora; ma si consolava perché la cascina a cui era diretta non era lontana; già ne aveva riconosciuti i contorni. “ Ah sì! “ pensava: “ se le stelle piovessero oro su di me ne raccoglierei tanto tanto e farei poi tante case grandi grandi per ospitare i bambini abbandonati. Se le stelle di lassù piovessero oro, vorrei consolare tutti quelli che soffrono; sfamerei gli affamati, vestirei i nudi... Mi vestirei “ disse guardandosi con un sorriso; “ io mi vestirei perché, davvero, ho freddo."
 Si sentì nell'aria un canto di voci angeliche, poi il tintinnio armonioso di oro smosso. La bimba guardò in alto: subito cadde in ginocchio e tese la camicina. Le stelle si staccavano dal cielo, e , cambiate in monete d'oro, cadevano a migliaia attorno a quell'angioletto che, sorridendo, le raccoglieva felice: “ Sì, sì! Farò fare, sì, farò fare uno, no... tanti bei palazzi grandi per gli abbandonati e sarò il conforto di tutti quelli che soffrono! Dal cielo, il soave canto di voci di paradiso ripeteva: “ Benedetta! Benedetta!


 J. e W. Grimm