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mercoledì 10 ottobre 2012

Bada come parli: Reti sociali e scelte linguistiche

Come è noto, il linguaggio è la facoltà di comunicare innata nell’uomo, che si realizza in forma di linguaggi verbali, gestuali e non verbali. I bisogni espressivi e comunicativi danno luogo a una serie infinita di usi linguistici e spiegano quindi la necessita per l’uomo di far ricorso a tutti i linguaggi possibili per una sua piena realizzazione all’interno della comunità in cui vive. 
Il titolo della rubrica “bada come parli” pur risultando sottilmente ambiguo, poiché potrebbe suonare come una classificazione dell’universo linguistico in giusto e sbagliato, in realtà non lo è.
 Tale titolo va accolto come un invito a riflettere sulla lingua e sul suo funzionamento, all’interno di un contesto sociale, partendo dall’esperienza quotidiana di ognuno di noi.


 Reti sociali e scelte linguistiche

Anche se l’italiano, come appare evidente, ha ormai preso il sopravvento sul dialetto, si può osservare che la maggior parte dei parlanti è di norma bilingue, cioè usa quotidianamente sia l’italiano che il dialetto, distinguendoli a seconda degli scopi e degli interlocutori. Il parlante “bilingue”, in genere alterna italiano e dialetto, in funzione di fattori extralinguistici, ovvero in base al luogo in cui si trova, alla situazione comunicativa e all’interlocutore che ha di fronte, scegliendo di volta in volta il codice più appropriato da usare; questo fenomeno prende il nome di “alternanza di codice”.
 All’interno dell’alternanza di codice distinguiamo tre diversi modi con cui il parlante utilizza alternativamente italiano e dialetto: “code switching, code mixing e ibridazione”.
Con il termine “code switching” si indica il passaggio da un codice linguistico ad un altro all’interno della stessa comunicazione; dal punto di vista sintattico tale fenomeno è prevalentemente interfrasale, ovvero la commutazione avviene sempre al confine tra una frase e l’altra e ha uno scopo funzionale. I fattori che danno vita al “code switching” possono essere vari: - Il parlante dopo aver iniziato la conversazione con un determinato codice, passa a quello che padroneggia meglio;
 - Il parlante passa al codice privilegiato dall’interlocutore per fargli capire che si sta rivolgendo a lui;
 - Il parlante cambia codice per segnalare il cambio di argomento nel discorso.
Tale fenomeno comporta, quindi, una sovrapposizione facilmente individuabile delle due grammatiche. 
Esempio: Poi io non è che mi posso mettere a fare le telefonate per niente, ogni minuto. U telèfunu u pavu iù! («il telefono lo pago io»)

 L’altro meccanismo che permette un incontro tra due o più lingue nello stesso contesto è il cosiddetto “code mixing”.
 A differenza del “code switching”, il “code mixing” avviene all’interno della stessa frase e non ha uno scopo funzionale, cioè non ha una specifica funzione comunicativa ma avviene casualmente.
Esempio: Quannu fu ca mi pigghiài («Quando è stato che mi sono preso») quell’assegno.
 Il terzo meccanismo nel quale è possibile mescolare i due codici è “l’ibridazione”; tale fenomeno si ha nei casi in cui il parlante prende una parola da un codice e la adatta ad un altro codice, il che risulta una fusione delle regole e delle unità dei due sistemi linguistici (Camilleri → “matonelli per matonelle” oppure “viremo per vediamo”). In genere questo fenomeno si ha nel caso in cui il parlante non riesca a trovare nella propria lingua un termine che corrisponda pienamente alle proprie intenzioni comunicative, ragion per cui prende in prestito parole appartenenti ad un altro codice e le adatta al proprio. 
Da quanto detto finora appare chiaro che nonostante al giorno d’oggi la supremazia della lingua italiana sul dialetto sia indiscutibile, in quanto saper parlare in modo corretto è fondamentale per confrontarsi con una molteplicità di persone e situazioni, i dialetti dal canto loro, contenendo indizi di realtà passata e presente, non possono non essere uno strumento importante per favorire una ricchezza culturale e storica.



Silvia Sudano

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